lunedì 4 giugno 2018

UNA MATTINA A RALLENTATORE


Sfoggio le mie scarpe nuove ed esco di casa. Gradino per gradino, sulle scale del portone, mi accorgo di essere imbarazzantemente in anticipo per i miei standard. Con una calma mai provata prima, inforco la bici e arrivo a scuola senza rendermene conto. E’ presto ma a quanto pare la campanella è già suonata.
Alzando lo sguardo dall’asfalto noto dettagli che credevo non esistessero: mozziconi di sigaretta negli angoli più nascosti, il prato appena tosato, il brusio tanto famigliare. La verifica del venerdì mi riappare davanti agli occhi: un’infinità di biciclette aggrovigliate come emoglobina circondano la scuola. Aggiungo la mia, e a poco a poco che mi allontano la confondo tra le altre. Camminando tra i corridoi mi accorgo di quanto i bidelli siano passivi, i loro visi cupi trasudano insoddisfazione, rassegnati a raggiungere il desiderio di una vita migliore. Apro la porta e magicamente non c’è nessuno. Ho per caso sbagliato aula? Capisco che la risposta è nascosta tra i banchi vuoti e nel silenzio di una lavagna ancora pulita dal giorno prima. Posso finalmente scegliere il posto che preferisco, e non sedermi nel primo che mi capita sotto il naso. Guardo fuori dalla finestra e tutto sembra fermarsi.
Siamo in due: io e il tempo, quel tempo che mi sfugge sempre di mano, che non è mai abbastanza per nessuno e che a volte è così bastardo. Inspiro, espiro: non sono più materia, mi dissolgo tra le cose. Sono il gesso, la cartina, l’orologio e le sue lancette… sono quella voce che mi riporta alla realtà.
Uno, due, tre… ed eccoci tutti e ventotto. Una famiglia di zombie piena di aspettative e voglia di dormire, che anche al lunedì mattina riesce a strapparmi qualche sorriso: a donarmi un motivo per cui vivere.



                                                                                                             - Laura Stravaganti

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