Poco tempo dopo le Idi di marzo dell’anno 2018 d.C., io e
gli altri bambini sperduti, guidati da Peter Pan, occupammo il pulmino di
Captain Fantastic e invademmo il regno di Asterix. Ci aspettavamo di vivere sempre
insieme, come facevamo ormai da un paio d’anni, ma, arrivati a Pleasantville,
famiglie sconosciute ci adottarono e così diventai sorella di Emma, una ragazza
misteriosa e turbata, eppure tanto generosa e passionale; persino il piccolo e
vivace Zanna Bianca entrò subito a far parte del mio cuore. Rimanemmo lì per
una settimana circa, periodo nel quale riuscii finalmente a capire cosa mi
avesse voluto dire Alice, quando mi spiegò che, una volta intrappolati in quel
sogno surreale, non avremmo fatto altro che tormentare i nostri giorni con
l’ansia di vedere tutto l’incanto sparire all’improvviso. Vivevo ogni giorno al
massimo della mia energia più serena. Corsi con Forrest lungo montagne e valli
sabbiose e stagnati, verso abbazie e castelli,
dove ebbi l’incommensurabile onore di conoscere re Artù e i suoi
valorosi cavalieri centenari. Che ne sa il resto del mondo di quella settimana
così veloce e sfuggevole, piena di magie e combattimenti in compagnia di Harry
e Ron, Gandalf e Frodo? No, nessuno saprà mai degli scherzi raggelanti di Jack
Frost ogni volta che si usciva di casa o di quelli disgustosi di Remy e gli
altri ratti ai fornelli quando era ora di mangiare. Niente fu senza gli amici
che avevo già e quelli che trovai, amici per poco eppure per sempre, compagni
veri più veri persino di quelle quattro adolescenti unite solo da un paio di
jeans. Insomma, grazie ciurma e grazie alla nostra guida sempre giovane
Peter Pan , perché, nonostante le tappe organizzative delle varie giornate,
accuratamente appuntate sul diario di Bridget Jones, non venissero mai
rispettate, trascorsi un’indimenticabile e imprevedibile avventura che non
scorderò mai.
Se
per questo piccolo attimo di felicità scolastica, che a dire il vero considero
immenso, non è valsa la pena di vivere, allora potrò finalmente accettare il
gesto di Tom Sawyer di marinare la scuola e fingersi morto, insistendo sul
fatto che nella vita non accade mai niente di eccitante o interessante o per
cui valga la pena di vivere. Ma io invece ribadisco che sì, ne è valsa la pena,
eccome se n’è valsa. E allora, senza ulteriori indugi, propongo a squarciagola
di contattare con ogni mezzo disponibile Doc Brown e di invertire la Macchina
del Futuro per rivivere il Passato altre dieci, cento, mille volte, come in un
libro, come in un film.
AURORA CORRADI