lunedì 4 dicembre 2017

Dialogo tra un punto e virgola e uno psichiatra

Non erano serviti a niente.
Gli aiuti, gli sforzi dei suoi amici, dei compagni di una vita, i consigli di suo padre Aldo Manunzio.
Decise quindi di andare da uno psichiatra, uno a lui sconosciuto di cui aveva sentito parlare bene in paese.                                                                            Essendo la prima volta non prenotò l’appuntamento e quindi, presentatosi allo studio, lo fecero accomodare in sala d’attesa.
Lì dovette aspettare qualche ora prima del colloquio e, oltre a dover fronteggiare le espressioni attonite e i volti stupefatti (a volte imbarazzati) dei presenti in sala, rifletté sul come esporre i suoi problemi. Cercò un modo per non fare sembrare banali i suoi disagi.
Pensò e ripensò, ma infine decise che il metodo migliore sarebbe stato di “andare dritto al sodo”.
Giunse finalmente il suo turno; era l’ultimo paziente della giornata.
Lo fecero accomodare nello studio e, prima di sdraiarsi sul divanetto, notò che a differenza delle altre persone, lo sguardo dello psichiatra era del tutto normale, anzi, più che altro sembrava volesse dire “iniziamo o no? Che ho voglia di andare a casa”.
Il punto e virgola recepì il messaggio e iniziò presentandosi come fanno due sconosciuti (cosa che effettivamente erano). Disse nome, cognome, età, accennò di suo padre e concluse con altre due o tre informazioni di poca importanza.
Riprese quindi col parlare dei suoi problemi, di essere divenuto ormai vecchio, di avere come l’impressione di scomparire, di non servire a nulla, di essere inutile.
Il medico ormai annoiato, stufo, svogliato, fece finta di saperne qualcosa e gli rispose che poteva essere una di quelle solite crisi di mezza età dovuta magari anche alla depressione, alla solitudine, al fumo, all’alcol, o chissà a che altro…
Poi, all’improvviso, il paziente si sfogò in un momento d’invidia.
Si lamentò come altri segni (quali la virgola e il punto) fossero quasi indispensabili per gli altri, di essere presenti nelle attenzioni altrui. Poi si calmò e il medico gli spiegò che questa non era più sua competenza, gli prescrisse su un foglietto qualche rimedio per la crisi e lo mandò a casa.
Il punto e virgola, uscendo dallo studio, lesse cosa c’era scritto nel foglietto: ”Assumere questo la mattina, quest’altro nel pomeriggio, infine questo dopo cena.”
Ebbe la conferma alle sue paure.   


Tommaso Grillenzoni

Figure retoriche - Preterizione


Era un mercoledì di Novembre a Carpi.

Data la stagione non sto neanche a dirvi che tempaccio c’era!

Pompeo, un ragazzo talmente bello che non c’è bisogno di descriverlo, uscì da scuola all’una quel giorno.

La combinazione della ressa di studenti e della pioggia rese il tratto da percorrere per raggiungere la sua bici una fatica che non si può neanche raccontare. Ovviamente non si narra nemmeno quanto ha dovuto pedalare veloce quel giorno… e come arrivò a casa!
Talmente fradicio che non c’è bisogno di spiegazioni.     

Una volta entrato si sedette in cucina. Sua madre gli aveva preparato un minestrone di cui è meglio non aggiungere altro.

Dopo un po’ si accorse che la madre aveva cambiato la disposizione dei mobili, una disposizione che non sapete e non potete immaginare!




CLARISSA SALVAGGIO


Foto di classe

Eccoci!


Figure Retoriche – Prosopopea

È un mercoledì torbido e grigio di novembre a Carpi. Pompeo esce da quella scuola ormai malata e senza vita all’una e viene colpito da una pioggia addolorata e afflitta. Si fa strada a fatica nella ressa di studenti e inforca la sua bicicletta orfana. Pedala sotto la pioggia: con una mano perplessa e titubante tiene il manubrio e con l’altra l’ombrello lamentoso. Arriva a casa bagnato. Sua madre gli ha preparato il minestrone. Mentre lo mangia alza lo sguardo dal piatto divenuto ormai squallido e si accorge che la madre ha cambiato la disposizione dei vecchi mobili nel salotto assonnato.

Un tributo all'India

UN TRIBUTO ALL’ INDIA
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Figure retoriche - Iperbole


É un nuvolosissimo mercoledì di novembre a Carpi. Pompeo esce da scuola all’una accompagnato da una pioggia torrenziale. Si fa strada a fatica nella ressa di studenti inforcando quella bicicletta che ormai non usava più da anni.
Pedala sotto la pioggia: con una mano tiene il manubrio, con l’altra l’ombrello e a malapena riesce a tenersi in equilibrio con tutto l’enorme peso della cartella che si porta dietro.
Sua madre gli ha preparato un comunissimo minestrone per il rientro a casa.
Mentre lo mangia alza lo sguardo dal piatto e si accorge che la madre ha cambiato la disposizione del salotto.
Pompeo, con sguardo perplesso, chiede a sua madre il perché di questa nuova disposizione. Sua madre gli risponde che quella mattina aveva voglia di novità perché ormai la casa stava diventando eccessivamente primitiva e gli chiede il suo parere.
Pompeo le risponde che la nuova disposizione gli piace da impazzire e che un po’ di novità non guasta mai e rivolge a sua madre un enorme sorriso.


Alex Garuti

Dialogo tra un punto e virgola e un medico



“Bene, per oggi abbiamo finito; l’appuntamento è per la prossima settimana”.
Dopo aver scritto quanto serve sul proprio diario, tra i vari punti e virgola, fa seguire la data e lo chiude. Accompagna alla porta e congeda il paziente. Ritornato alla scrivania rilegge quanto scritto e i pensieri diventano contorti: “Troppi punti… e le virgole?”  I concetti scritti non sembrano chiari.
Tutto viene interrotto dal suono del campanello alla porta. Si alza, va ad aprire e come in un sogno gli appare, sulla soglia, sotto la targa affissa “STUDIO DR. BIZZARRI SPECIALISTA IN PSICOLOGIA’’ il Punto e Virgola.

Si intrufola e invita il dottore a seguirlo per poi mettersi con fare ansioso sul lettino. “Certo che di casi strani me ne sono capitati” pensa il medico “ma questo non ha precedenti; dopo mi toccherà andare da uno psicologo”.
Dopo qualche minuto di silenzio e di sguardi perplessi è il Punto e Virgola, sdraiato sul lettino, a lasciarsi andare.
“Dottore, sono in piena crisi esistenziale, dopo tanti anni di illustri scritti di cui ero protagonista, tenuto molto in considerazione, in particolare da Manzoni, oggi mi ritrovo a due passi dalla pensione e completamente in disuso”.
Il dottore, ripensando agli scritti del suo diario, non può che annuire con un sorriso. Il punto e virgola riprende invocando i vecchi tempi in cui la letteratura, la grammatica e la punteggiatura avevano un senso e della situazione attuale in cui si è perso il gusto di scrivere e di provare sulla propria pelle le vere sensazioni. Ora si dà spazio solo a scritti con concetti sintetici e brevi: di conseguenza prova una grande invidia per il punto e virgola, così tanto usati, come fossero gli unici simboli conosciuti.
Gran compito spettava al dottore per sollevare il morale di quel paziente così afflitto.
Dopo tanti lamenti sul suo stato e su quanto lo facessero sentire vecchio, il dottore affermò che invecchiare, comunque, è un privilegio negato a molti.
Il punto e virgola gli risponde: “Una vecchiaia senza poter trasmettere il proprio vissuto e non avere nessuno a cui raccontarlo è solo la fine di un’esistenza ingloriosa”.
Il dottore replica: “Queste sono considerazioni per cui necessita un nuovo incontro.”
Preso coscienza di ciò, vista l’ora e la presenza inaspettata e imprevista, lo congeda per prendere appuntamento per la seduta seguente.
Il punto e virgola, tornando a casa, si lascia andare alla considerazione che oggi l’uomo assomiglia ai suoi tempi più di quanto lui assomigli a suo padre.
Allo stesso tempo, il dottore, sistemando le ultime cianfrusaglie prima di lasciare lo studio, si ferma prima a pensare che, in fondo, il punto e virgola è una scelta liberale di fronte alla dittatura del punto e all’anarchia delle virgole.



Kevin Severino

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Dialogo tra un punto e un medico


Pochi giorni prima il povero punto aveva chiamato il dottore per una visita.
E quest’ultimo, come previsto,  bussò alla porta della casa del malato.
Il dottore entrò nell’abitazione cercando con lo sguardo il suo paziente, e non vedendo nessuno nei dintorni, decise di sedersi sul divano per aspettarlo.
Fu un grosso errore però, perché lui, puntuale come al solito, era sdraiato proprio su quel cuscino.
Infatti, appena l’uomo si mise comodo avvertì disperati mugolii di dolore provenire da sotto di sé: si alzò di scatto per lo spavento e, preso dal panico, cercò di afferrare per più di una volta quel paio di occhiali che si ritrovava sul collo per capire cosa poteva essere successo in quell’istante.
Sistemati sul naso, essi gli diedero una chiara visione di ciò che aveva schiacciato qualche attimo prima: un piccolo puntino nero e dolorante, facilmente confondibile con un neo,  nonché il suo paziente.
Il dottore chiese umilmente scusa ma il punto, immerso nei suoi più cupi pensieri sembrava completamente disinteressarsi a tutto.
Questo comportamento ricordò al medico per quale motivo si trovava in quella casa e, ripreso un atteggiamento professionale, chiese gentilmente al punto di riemergere da quel divano che lo aveva completamente inghiottito e di sedersi per la visita.
Mentre il paziente ubbidiva silenziosamente agli ordini, l’uomo estrasse dal taschino del camice una penna a clic ed un taccuino a quadretti.
Iniziarono le prime domande e, in contemporanea, quelle scritte nere dalla calligrafia illeggibile cominciavano a riempire i fogli.
Dalle parole pronunciate dal punto si intuì un’enorme preoccupazione per la sua salute (specialmente da quando si era punto, per l’appunto) e per la sua solitudine.
Era un fermo sostenitore di idee tutte sue e non gli piaceva condividerle con altri:  il dottore , però,  riuscì a fargliele esternare senza che si sentisse come un impu(n)tato davanti al giudice.
E così egli cominciò a raccontare.
Abituato ad avere sempre (o quasi) l’ultima parola (basti guardare la fine di una frase),  risultava molto distaccato, ed era anche ragione di distacco tra parole amiche.
Era spesso oggetto di scherno, troppo piccolo, troppo tondo, di salute cagionevole (si ammalava spesso di morbillo, ma con un solo punto).
Troppo puntiglioso.
Il dottore ondeggiava su e giù la sua testa come quando si ascolta una musica ritmata, poi si fermò lentamente per massaggiare i nervi doloranti di quel collo.
Terminati i vari racconti, il medico gli assicurò che avrebbe mantenuto il segreto professionale.
Affermò poi che da quel momento ogni cosa che apparteneva al passato non era il caso di sistemarla: sarebbe stato meglio concentrarsi sul presente e sul futuro.
Invitò il paziente a metterci… un punto sopra.
Andare a capo riga e cominciare nuove frasi, respirare e far respirare i lettori.
Il dottore intravvise un piccolo sorriso sulle labbra del paziente.
«Questo è per lei.»
A quel punto strappò rumorosamente dal suo taccuino un foglio, lasciandolo nelle mani di un punto con un espressione del tutto nuova e congedandosi, uscì lentamente dall’appartamento.
Il giovane girò il foglio e lesse:
 “Hai bisogno solo di conoscere uno scrittore che ti riesca a valorizzare”
E fu così che il punto capì l’importanza di ciò per cui era nato: la scrittura.


 Noemi Masetti

I libri che ci hanno ispirato...





sabato 2 dicembre 2017

Figure retoriche - Antonomasia


E’ il terzo giorno della settimana del mese prima di Natale, nel Paese dei tortellini.

Il VoltaFaccia esce da quello che io chiamo Carcere dei ragazzi, all’una, e piove.

Si fa strada a fatica nella massa dei suoi colleghi e inforca il suo mezzo a due ruote con i pedali.

Pedala, sotto quel fenomeno atmosferico tanto fastidioso che ci bagna sempre tutti, con una mano sul volante della bici e con l’altra tiene il parapioggia.

Arriva nella sua dimora, di certo non asciutto; la sua Padrona gli ha cucinato il buon passato di verdure. Mentre lo mangia alza lo sguardo dal piatto e scopre che la mamma ha cambiato la disposizione dei mobili nella Stanza del relax.

 

Giada Capobianco

Dietro le quinte...

Quali volti e quanti sorrisi si celano dietro a queste lettere digitali?
Un simpatico video per conoscerli meglio...


Esercizi di stile - introduzione alle figure retoriche

La classe 2^M alle prese con le figure retoriche!


Da una vicenda semplice, uguale per tutti, che la Professoressa ha scritto alla lavagna - con la sua solita grafia veloce e arruffata - in una ormai lontana mattina autunnale, ciascuno ha creato un testo altamente retorico, dedicato ad una figura in particolare: li troverete postati qui di seguito, intitolati appunto ad ognuna di esse.

Buona lettura!

Testo-base:

E' un mercoledì di novembre, a Carpi, e piove.
Pompeo esce di scuola all'una e si fa strada a fatica nella ressa di studenti che attraversano il cancello; inforca la sua bicicletta: con una mano tiene il manubrio e con l'altra l'ombrello. Arriva a casa bagnato. Sua madre, per pranzo, gli ha preparato un minestrone. Mentre Pompeo lo mangia, alza gli occhi dal piatto e si accorge che la madre ha cambiato la disposizione dei mobili del salotto.